Dal Catalogo della Mostra "Metamorphosis, elogio della trasformazione" (Galleria L'Agostiniana, Piazza del Popolo, Roma, 01-16/04/2011) : "...Il desiderio di realizzare questo progetto si è fatto strada a partire dalla percezione di come l'arte contemporanea sia fortemente connotata dal problema, dall'“onda di senso”, efficace espressione di Angela Vettese, della trasformazione.
Guardando più a fondo, ci si rende conto facilmente che la metamorfosi è la direzione dell'arte, da sempre. Volgendosi al passato è più facile mettere a fuoco come nella storia l'arte abbia cambiato di continuo linguaggi e tecniche in relazione al presente della quale era testimone, tanto da essere nelle parole di George Kubler “la forma del tempo”, il lineamento visibile dell'invisibile scorrere della realtà.
Alla luce di questa consapevolezza ciò cui stiamo assistendo oggi può essere compreso con maggiore lucidità.
Secondo Arthur Danto, "i periodi di grande cambiamento cominciano sempre con una sfida nei confronti delle frontiere artistiche preesistenti, che poi si estende alle frontiere sociali più significative finché poi l'intera società si ritrova trasformata”. L'arte, in altre parole, sarebbe il termometro più sensibile per testare lo stato di salute di una civiltà e lo specchio più crudele per raccontarla. Come in un quadro di Pistoletto, l'opera d'arte riflette ciò che le sta dietro, il contesto che l'ha determinata. E non è tutto: i fenomeni creativi, per il loro essere naturalmente fuori dalle reti di un pensiero convenzionale, avrebbero una dote pionieristica nell'andare al cuore dei problemi dell'oggi e palesandoli porre le condizioni del loro superamento.
L'arte contemporanea racconta di perforanti slittamenti formali e di significato perché parla di un presente che è una permanente transizione, e non da un solo punto di vista. Il cambiamento accade e non può essere controllato, ma secondo Marshall Mcluhan, l'artista è colui che ci vaccina di fronte ai grandi mutamenti, che per la loro violenza talvolta ci colgono impreparati. L'artista ci mette in condizione di capire chi siamo. Mentre scrivo, un terremoto devastante ha colpito il Giappone, le reali conseguenze di ciò che sta accadendo saranno intuite in parte domani, comprese in pieno tra diversi anni, forse. Nel frattempo saremo cambiati, mentre l'arte avrà già da tempo assorbito il seme di consapevolezze sopite nelle coscienze comuni. Il nostro compito primario davanti all'arte contemporanea è di imparare ad ascoltare.
Il Novecento ha visto affermare idee destabilizzanti come mai prima di allora, per qualità e quantità, il presente prosegue nella stessa direzione. Scoperte come la relatività di Einstein, la fisica quantistica di Planck, l'inconscio di Freud, il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg, solo ad esempio, hanno sconquassato un castello di stabilità fittizie. Nel mentre, la globalizzazione ha aperto le porte ad un campo inesausto di possibilità e la scienza ha iniziato a farci vedere l'immensamente grande e piccolo, un tempo solo immaginato.
Un simile ampliamento delle possibilità percettive si traduce anche, inevitabilmente, in un allargamento delle possibilità espressive; è come avere a disposizione sette note musicali anziché una.
Le trasformazioni alle quali ci stiamo riferendo in arte, l'inclusione dell'aleatorio, l'indeterminato, il temporaneo, sono l'esito di questa esperienza del reale e rientrano a pieno titolo nella definizione cruciale di Umberto Eco a proposito di "Opera Aperta".
Quanto detto dovrebbe essere sufficiente a spiegare la scelta di accogliere in questa Mostra una eterogeneità considerevole di linguaggi, tecniche, modi di interpretare questa rivoluzione che, positiva o negativa, è innegabile e senza precedenti. Del resto è arduo pensare alla trasformazione di cui sopra sordi alle differenti direzioni di tale andamento centrifugo. L'invito è ad avvicinarsi ad ogni Opera come ad una soluzione tentata in relazione al problema del presente. Ogni soluzione è evidentemente parziale, e non necessariamente vittoriosa, ma ci aiuta alla comprensione di quell'estetica della trasformazione che crediamo appartenere potentemente al contemporaneo dell'arte..." e.g.
Guardando più a fondo, ci si rende conto facilmente che la metamorfosi è la direzione dell'arte, da sempre. Volgendosi al passato è più facile mettere a fuoco come nella storia l'arte abbia cambiato di continuo linguaggi e tecniche in relazione al presente della quale era testimone, tanto da essere nelle parole di George Kubler “la forma del tempo”, il lineamento visibile dell'invisibile scorrere della realtà.
Alla luce di questa consapevolezza ciò cui stiamo assistendo oggi può essere compreso con maggiore lucidità.
Secondo Arthur Danto, "i periodi di grande cambiamento cominciano sempre con una sfida nei confronti delle frontiere artistiche preesistenti, che poi si estende alle frontiere sociali più significative finché poi l'intera società si ritrova trasformata”. L'arte, in altre parole, sarebbe il termometro più sensibile per testare lo stato di salute di una civiltà e lo specchio più crudele per raccontarla. Come in un quadro di Pistoletto, l'opera d'arte riflette ciò che le sta dietro, il contesto che l'ha determinata. E non è tutto: i fenomeni creativi, per il loro essere naturalmente fuori dalle reti di un pensiero convenzionale, avrebbero una dote pionieristica nell'andare al cuore dei problemi dell'oggi e palesandoli porre le condizioni del loro superamento.
L'arte contemporanea racconta di perforanti slittamenti formali e di significato perché parla di un presente che è una permanente transizione, e non da un solo punto di vista. Il cambiamento accade e non può essere controllato, ma secondo Marshall Mcluhan, l'artista è colui che ci vaccina di fronte ai grandi mutamenti, che per la loro violenza talvolta ci colgono impreparati. L'artista ci mette in condizione di capire chi siamo. Mentre scrivo, un terremoto devastante ha colpito il Giappone, le reali conseguenze di ciò che sta accadendo saranno intuite in parte domani, comprese in pieno tra diversi anni, forse. Nel frattempo saremo cambiati, mentre l'arte avrà già da tempo assorbito il seme di consapevolezze sopite nelle coscienze comuni. Il nostro compito primario davanti all'arte contemporanea è di imparare ad ascoltare.
Il Novecento ha visto affermare idee destabilizzanti come mai prima di allora, per qualità e quantità, il presente prosegue nella stessa direzione. Scoperte come la relatività di Einstein, la fisica quantistica di Planck, l'inconscio di Freud, il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg, solo ad esempio, hanno sconquassato un castello di stabilità fittizie. Nel mentre, la globalizzazione ha aperto le porte ad un campo inesausto di possibilità e la scienza ha iniziato a farci vedere l'immensamente grande e piccolo, un tempo solo immaginato.
Un simile ampliamento delle possibilità percettive si traduce anche, inevitabilmente, in un allargamento delle possibilità espressive; è come avere a disposizione sette note musicali anziché una.
Le trasformazioni alle quali ci stiamo riferendo in arte, l'inclusione dell'aleatorio, l'indeterminato, il temporaneo, sono l'esito di questa esperienza del reale e rientrano a pieno titolo nella definizione cruciale di Umberto Eco a proposito di "Opera Aperta".
Quanto detto dovrebbe essere sufficiente a spiegare la scelta di accogliere in questa Mostra una eterogeneità considerevole di linguaggi, tecniche, modi di interpretare questa rivoluzione che, positiva o negativa, è innegabile e senza precedenti. Del resto è arduo pensare alla trasformazione di cui sopra sordi alle differenti direzioni di tale andamento centrifugo. L'invito è ad avvicinarsi ad ogni Opera come ad una soluzione tentata in relazione al problema del presente. Ogni soluzione è evidentemente parziale, e non necessariamente vittoriosa, ma ci aiuta alla comprensione di quell'estetica della trasformazione che crediamo appartenere potentemente al contemporaneo dell'arte..." e.g.